Il labirinto della mente: quando l’illusione sostituisce la realtà

Il labirinto della mente: quando l’illusione sostituisce la realtà

Si narra che il Minotauro fosse il pericolo nella leggenda di Ovidio, ma la verità è che il vero pericolo del labirinto non era il mostro. Era il labirinto stesso.

C’è un momento preciso, impercettibile ma inconfondibile, in cui ci rendiamo conto che il mondo che vediamo non è necessariamente il mondo che esiste. È una rivelazione sottile, come una crepa che si insinua nel vetro: inizialmente sembra solo un’ombra, poi il vetro cede, e l’intera immagine va in frantumi.

Forse lo hai vissuto anche tu. Un giorno sei certo di ricordare un dettaglio – il colore di una giacca, una frase esatta pronunciata in un litigio, il viso di qualcuno – eppure qualcuno ti dice che ti sbagli. Sicuro di avere ragione. Poi cerchi la prova, un vecchio messaggio, una fotografia, qualcosa che confermi il tuo ricordo… scoprendo con una certa vergogna che non è mai accaduto.

Ti senti stranamente smarrito, quasi tradito. Ma da chi? Da te stesso?

La verità è che la nostra mente è un illusionista straordinario, capace di costruire castelli di certezze su fondamenta inconsistenti. E spesso, più crediamo in qualcosa, più diventa vero nella nostra testa.

Un’illusione chiamata memoria.

Nel 1894, nella Parigi delle illusioni e del mistero, un uomo saliva sul palco per ingannare il pubblico con eleganza. Si chiamava Georges Méliès ed era un prestigiatore, un pioniere del cinema, un creatore di mondi impossibili. Davanti ai suoi spettatori faceva scomparire oggetti, trasformava il nulla in meraviglia, lasciava che il pubblico vedesse solo ciò che voleva che vedesse.

Ma quello che accadeva in un teatro illuminato da candele e specchi, accade ogni giorno nella nostra testa. La memoria non è un archivio ordinato e immutabile: è un palcoscenico dove gli eventi vengono riscritti, tagliati, modificati, ogni volta che li richiamiamo alla mente. Ricordare non è mai un atto passivo. È un atto creativo.

La psicologa Elizabeth Loftus, tra le massime esperte di memoria umana, ha dimostrato quanto sia facile impiantare falsi ricordi nelle persone. Durante i suoi studi, ha convinto decine di persone di aver vissuto eventi mai accaduti: gite infantili in cui si erano persi in un centro commerciale, incontri con personaggi famosi, persino crimini mai commessi. Bastavano pochi dettagli suggestivi, ripetuti nel tempo, e il cervello costruiva la sua verità.

La memoria, in sostanza, è un artista ingannevole. Dipinge i nostri ricordi con le tinte delle emozioni, delle aspettative, delle narrazioni che ci raccontiamo. E noi ci fidiamo ciecamente.

Ci sono film che non si limitano a raccontare una storia. Ti sfidano a guardare più a fondo, a mettere in discussione tutto ciò che credi di sapere. The Illusionist è uno di questi (considerado uno dei miei film preferiti).

Il protagonista, Eisenheim, interpretato dal grande Edward Norton, non è solo un mago, è un maestro della percezione. Manipola la realtà come un tessitore invisibile, incanta il pubblico con giochi di prestigio che sembrano infrangere le leggi del mondo. Ma la vera magia non è negli oggetti che scompaiono, nei fantasmi evocati sul palco o nei trucchi da prestigiatore. La magia è nella mente di chi guarda. Esattamente come succede nella nostra testa, ogni giorno.

Quante volte abbiamo visto solo ciò che volevamo vedere? Quante volte abbiamo creduto a una versione della realtà che ci rassicurava, che ci conveniva?

Nell’Antica Grecia, il labirinto era un simbolo di mistero e inganno. Si racconta che il Minotauro fosse nascosto al centro, ma la verità è che il vero pericolo del labirinto non era il mostro. Era il labirinto stesso.

Il Minotauro rappresentava la paura, sì, ma il vero enigma era il percorso, la sensazione di perdersi, la certezza che ogni strada fosse quella giusta fino a quando non ti accorgevi di essere di nuovo al punto di partenza.

E non è esattamente così che funziona la nostra mente?

Daniel Kahneman, psicologo e premio Nobel, lo spiega bene nel suo libro Pensieri lenti e veloci (finito di leggere da poco). La nostra mente è divisa in due sistemi:

Sistema 1: veloce, intuitivo, impulsivo. È quello che prende decisioni senza pensarci troppo, che crea scorciatoie mentali, che si lascia ingannare dai bias cognitivi.

Sistema 2: lento, razionale, analitico. Richiede sforzo, energia, concentrazione.

Il problema è che il Sistema 1 domina la nostra quotidianità, ci fa prendere decisioni in automatico, ci fa fidare della nostra memoria senza verificare. Ci convince che quello che ricordiamo è vero, anche quando non lo è. Ci illude di essere oggettivi, quando in realtà vediamo solo una porzione della realtà.

Ci muoviamo nel labirinto della nostra mente con la sicurezza di chi pensa di sapere la strada, mentre in realtà stiamo solo seguendo i percorsi più facili, quelli già tracciati dalle nostre convinzioni.

Forse il primo passo per uscire dal labirinto non è cercare disperatamente un uscita.

Forse è fermarsi, appoggiare una mano sulla parete fredda, accorgersi delle crepe nella pietra, delle ombre che si allungano, della strada percorsa.

Forse è rendersi conto che il Minotauro che temevamo non era mai stato davvero lì, che il pericolo non è in ciò che abbiamo dimenticato, ma in ciò che abbiamo scelto di ricordare nel modo sbagliato.

Le storie che ci raccontiamo sono i nostri incantesimi. Alcune ci salvano, altre ci imprigionano. E allora, forse, la vera domanda non è se possiamo fidarci della nostra memoria. La vera domanda è: chi saremmo, se smettessimo di credere ai nostri stessi trucchi?


Sono Samuel Lo Gioco e qui esploro il legame tra psicologia positiva, leadership emotiva e work-life balance.

Attraverso storie, riflessioni e narrazione, ti accompagno in un viaggio di consapevolezza per riscoprire un modo più umano di vivere e lavorare.

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